
Solchi ritratti da mirabile spiro,
sospiri spersi entro anfratti larvati,
in turpi fati a guisa di martiri,
làddove le ali si ergon pesanti,
le carni ardon d’un fausto raggiro.
Un giùbilo abietto perfòra la speme,
aspira ch’io colga l’essenza che freme
lo spirto nel petto prostrato dagli avi;
fòmite d’auspici travianti, le palpebre asporta,
talché meni verso lande radiose e soavi.
Oh, mesta e fatale ninfa dedalica,
vòliti giuliva e ieratica sopra rive salaci,
sferzi e flagelli la tua anima arcigna,
cospargi di bile cupi cuori veraci.